Oggetto: Decreto Legge n. 34 del 20 marzo 2014, pubblicato sulla G.U. n. 66 del 20 marzo 2014.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014 il Decreto Legge n. 34 del 20 marzo 2014 (Jobs Act) recante “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”.

Il Decreto Legge (Job Act)  in vigore dal 21 marzo 2014, contiene misure di semplificazione per i datori di lavoro, in materia di contratto di lavoro a termine, contratto di apprendistato, DURC.

LAVORO A TEMPO DETERMINATO – ART. 1

Dopo le novità in tema di contratto a tempo determinato intervenute negli ultimi anni ad opera della Riforma Fornero (Legge n. 92/2012), del DL Sviluppo (DL n. 83/2012, convertito nella Legge n. 134/2012), nonché dal “Decreto Lavoro” (DL n. 76/2013, convertito nella Legge n. 99/2013), la disciplina di tale fattispecie contrattuale viene nuovamente modificata dall’art. 1 del DL n. 34/2014, per renderne più flessibile l’utilizzo e creare nuova occupazione, soprattutto giovanile.

In particolare, le novità introdotte dal Legislatore riguardano i seguenti aspetti del rapporto di lavoro a termine:

• estensione del ricorso all’acausalità;

• ampliamento della possibilità di ricorso alla proroga;

limite massimo per la stipula di contratti da parte di ciascun datore di lavoro. 

Acausalità

La durata del contratto di lavoro a tempo determinato, per il quale non è necessaria l’indicazione di una causale giustificativa,

• viene innalzata dai precedenti 12 mesi (comprensivi di eventuale proroga), agli attuali 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe,

• riguardo allo svolgimento di qualunque tipo di mansione,

• sia nella forma del contratto a tempo determinato che nell’ambito di un contratto di somministrazione a termine (art. 20, comma 4 del D.Lgs n. 276/2003).

Si tratta di una notevole semplificazione, visto che l’apposizione del termine non risulta più subordinata alla presenza di specifici motivi (origine di numerosi contenziosi tra lavoratore e azienda), dal momento che l’originario primo periodo, comma 1, art. 1 del D.Lgs n. 368/2001 secondo cui il ricorso al contratto a tempo determinato era ammesso:

“(…) a fronte di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro (…)”.

è stato così sostituito dal DL n. 34/2014: 

“È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.”

Contestualmente, è stata disposta l’abrogazione del comma 1bis dell’articolo 1 del D.Lgs n. 368/2001, contenente le previsioni di non necessarietà dell’indicazione delle ragioni giustificative di apposizione del termine relative:

• alla suddetta acausalità legale;

• all’acausalità contrattuale, per cui il ricorso al contratto acausale era consentito in ogni altra ipotesi definita dalla contrattazione collettiva (anche aziendale), stipulata dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Quindi, la possibilità di ricorso all’acausalità è ora consentita fino a 36 mesi e non più, dunque, circoscritta al primo rapporto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a 12 mesi, sia nella forma del contratto a tempo determinato che nell’ipotesi di prima missione nell’ambito di un contratto di somministrazione a termine.

In tema di apposizione del termine, viene ribadito che la stessa è da considerarsi priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto (art. 1, comma 2 del D.Lgs n. 368/2001).

 Proroghe

Altra misura incentivante per l’utilizzo del contratto a termine riguarda l’estensione della possibilità di ricorso alla proroga (art. 4 del D.Lgs n. 368/2001), non più consentita per una sola volta ed a condizione della sussistenza di ragioni oggettive.

Tale presupposto non è più richiesto e, fermo restando il consenso del lavoratore e la durata iniziale del contratto inferiore a tre anni, sono ammesse proroghe fino ad un massimo di otto volte, nel limite dei 36 mesi.

Unica condizione è che tali proroghe si riferiscano alla stessa attività lavorativa (stesse mansioni), per la quale il contratto è stato stipulato a termine.

In caso di proroga non sarà necessario rispettare gli intervalli temporali previsti in caso di successione tra due contratti a termine, come regolamentati dalla Riforma Fornero e dal Decreto Lavoro (10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi). 

Limite quantitativo

Secondo il nuovo articolo 1, comma 1 secondo periodo del D.Lgs n. 368/2001, il numero totale di rapporti di lavoro a termine instaurati da ciascun datore di lavoro non può superare la soglia del 20% dell’organico complessivo presente nell’azienda.

Rimane salva la possibilità di modificare tale limite quantitativo da parte della contrattazione collettiva, tenendo conto delle esigenze legate alle sostituzioni e alla stagionalità (art. 10, comma 7 del D.Lgs n. 368/2001).

Il suddetto limite non trova applicazione nei confronti delle imprese che occupano fino a 5 dipendenti, per le quali è comunque ammessa la stipula di un contratto di lavoro a termine.

CONTRATTO DI APPRENDISTATO – ART. 2

L’art. 2 del DL n. 34/2014 apporta alcune modifiche al D.Lgs n. 167/2011 (Testo unico dell’Apprendistato) al fine di favorire l’ingresso al lavoro dei giovani. 

Forma scritta

È novellato l’art. 2, comma 1, lettera a) del TU, che prevede ora la forma scritta esclusivamente del contratto e del patto di prova (in precedenza era obbligatoria la forma scritta anche per il Piano formativo individuale che doveva essere definito, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto). 

Stabilizzazione

È abrogato l’art. 2, comma 1, lettera i) che prevedeva la possibilità per la contrattazione collettiva di stabilire forme e modalità per la conferma in servizio al termine del percorso formativo al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato.

Abrogati anche gli ulteriori vincoli introdotti dalla Riforma Fornero (clausola di stabilizzazione legale di cui all’art. 2, commi 3‐bis e 3‐ter).

Il DL n. 34/2014 abroga il vincolo, in capo ai datori di lavoro con più di 9 dipendenti, che subordinava la possibilità di procedere a nuove assunzioni di apprendisti, solo in caso di conferma, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro (percentuale ridotta al 30% nel periodo intercorrente dal 18 luglio 2012 al 17 luglio 2015).

Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale

All’art. 3 del TU che disciplina l’Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale è stato aggiunto il comma 2‐ter che consente, fatta salva l’autonomia della contrattazione collettiva, di riconoscere al lavoratore una retribuzione che tenga conto:

• delle ore di lavoro effettivamente prestate e

• delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.

Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere

L’art. 4, comma 3 del TU come novellato dal DL n. 34/2014 prevede che la formazione di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità dell’azienda, possa essere integrata (nel testo previgente la disposizione recitava “è integrata”), nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda, finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali.

Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale

All’art. 3 del TU che disciplina l’Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale è stato aggiunto il comma 2‐ter che consente, fatta salva l’autonomia della contrattazione collettiva, di riconoscere al lavoratore una retribuzione che tenga conto:

• delle ore di lavoro effettivamente prestate e

• delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.

Cordiali saluti.

 

                                                                                Massimo GUIDETTI

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